Ariminum

Cesare si trova a Ravenna e fa un discorso ai soldati della XIII legione in cui presenta le ingiustizie subite. I soldati rispondono con un grido di approvazione.
Cognita militum voluntate Ariminum cum ea legione proficiscitur ibique tribunos plebis, qui ad eum profugerant, convenit; reliquas legiones ex hibernis evocat et subsequi iubet. Eo L. Caesar adulescens venit, cuius pater Caesaris erat legatus. Is reliquo sermone confecto, cuius rei causa venerat, habere se a Pompeio ad eum privati officii mandata demonstrat: [...] (De Bello civili I,8)
Acceptis mandatis Roscius cum L. Caesare Capuam pervenit ibique consules Pompeiumque invenit; postulata Caesaris renuntiat. Illi deliberata re respondent scriptaque ad eum mandata per eos remittunt; quorum haec erat summa: Caesar in Galliam reverteretur, Arimino excederet, exercitus dimitteret; quae si fecisset, Pompeium in Hispanias iturum. Interea, quoad fides esset data Caesarem facturum, quae polliceretur, non intermissuros consules Pompeiumque delectus. (De Bello civili I,10)
Erat iniqua condicio postulare, ut Caesar Arimino excederet atque in provinciam reverteretur, ipsum et provincias et legiones alienas tenere; exercitum Caesaris velle dimitti, delectus habere; polliceri se in provinciam iturum neque, ante quem diem iturus sit, definire, ut, si peracto consulatu Caesar profectus esset, nulla tamen mendacii religione obstrictus videretur; tempus vero colloquio non dare neque accessurum polliceri magnam pacis desperationem afferebat. Itaque ab Arimino M. Antonium cum cohortibus V Arretium mittit; ipse Arimini cum duabus subsistit ibique delectum habere instituit; Pisaurum, Fanum, Anconam singulis cohortibus occupat. (De Bello civili I,11)
Interea certior factus Iguvium Thermum praetorem cohortibus V tenere, oppidum munire, omniumque esse Iguvinorum optimam erga se voluntatem, Curionem cum tribus cohortibus, quas Pisauri et Arimini habebat, mittit. [...] (De Bello civili I,12)
Ariminum è una delle parole che i liceali (o almeno quelli tradizionali che studiano ancora il latino) normalmente incontrano più o meno al terzo anno, affrontando Cesare: Ariminum è infatti un toponimo citato nella parte del De bello civili solitamente tradotta in quell'anno. Ovviamente Cesare tralascia di scrivere (come invece metteranno ben in evidenza Plutarco e Svetonio) che per arrivare a Rimini ha dovuto varcare il Rubicone, confine stabilito da Silla come non varcabile con le legioni proconsolari senza ipso facto dichiarare guerra a Roma.
Poi ci si rilassa dalle fatiche scolastiche e Rimini diventa solo sabbia, discoteche, mare, hotels, crema solare, notte rosa, divertimento, soldi, stress idrico, pedalò, tonellate di pattume prodotti dagli hotels, vitelloni romagnoli a caccia di belle straniere, passeggiate tra i negozietti, pizze con le cozze. Ariminum, il suo passato, la sua storia scompaiono.
Eppure basterebbe poco. Basterebbe vincere la monotonia della spiaggia anche solo per una mezza giornata e fare una bella passeggiata a piedi tra alberghi prima, poi condomini residenziali, e ancora ville neoclassiche e neogotiche di inizio Novecento per avvicinarsi infine nel centro storico.
Per chi viene da sud, oltre ai resti delle mura, circondate da una fascia di parco pubblico, incontrerebbe l'Arco di Augusto. Se entrasse da una direzione più vicina al mare s'imbatterebbe nei resti di un anfiteatro romano. Da nord attraverserebbe il ponte di Tiberio. In centro vedrebbe la Domus del chirurgo (nell'anno in cui scrivo, gratuita il mercoledì) e a pochi passi il Museo della città di Rimini (idem). Uscendo poi dal centro storico verso sud-ovest, potrebbe transitare sotto l'arco della Porta montanara.
Se poi non ci si accontentasse dell'Ariminum romana, potrebbe sempre visitare il Tempio malatestiano e la Rocca di Sigismondo, sempre entro le mura della città storica di Rimini.
Approdo naturale sul Mare Adriatico, la foce del Marecchia è punto d'incontro tra commercianti etruschi e greci, prima di finire sotto i celti e poi nel 268 a.C. divenire luogo della fondazione della colonia di diritto latino, Ariminum.
Il Ponte di Tiberio oggi non transita più come all'origine sul fiume Marecchia (Ariminus in latino), che delimitava a Nord le mura di Ariminum e il cui corso è stato nella storia successiva deviato, bensì sul canale del porto di Rimini che termina poco dopo il ponte in uno specchio d'acqua squadrato da eleganti delimitazioni in cemento di un parco pubblico. Iniziato all'epoca di Augusto nel 14 d.C. fu concluso nel 21 d.C. sotto il secondo dei cesari, il figlio dell'ultima moglie di Ottaviano, Livia Drusilla e del suo precedente marito Tiberio Claudio Nerone, Tiberio (gens Claudia), di cui il ponte porta ancora il nome. Su di esso confluivano le due vie che giungevano da nord: la Via Emilia (la via in direzione Nord-Ovest/Sud-Est che congiungeva Ariminum con Placentia, passando per Caesena, Forum Popilii, Forum Livii, Faventia, Forum Cornelii, Claterna, Bononia, Mutina, Regium Lepidi, Tannetum, Parma, Fidentia) e la via Popilia-Annia che congiungeva la città sul Marecchia con Aquileia (passando per Ravenna, Adria e Altinum). Dopo il ponte la via entra nelle mura e diventa il decumano massimo della città per uscire sotto l'arco di Augusto con il nome di Via Flaminia che attraverso Fanum portava a Roma. Il ponte come l'arco è costruito in pietra d'Istria.
Non era dunque ancora costruito quando Cesare, dopo lunga titubanza, consapevole dell'atto grave e irrevocabile che l'attraversameto del Rubicone avrebbe comportato secondo Plutarco e Svetonio, sorvolando completamente la topografia, a cui è solitamente attento nei suoi scritti, secondo l'autore del De bello civili, Cesare entra in Ariminum oltrepassando dopo il Rubicone anche il Marecchia.
Ancora oggi è utilizzato per il transito veicolare ordinario, nonostante il progetto di riqualificazione dell'area che entro il 2017 avrebbe dovuto pedonalizzarlo.

L'arco di Augusto segnava il limite sud-orientale della città, segnava la fine del maggiore dei decumani e l'inizio della Via Flaminia. Non era un arco di trionfo. Costruito nel 27 a.C. in pietra d'Istria, fu dedicato dal Senato ad Augusto, che aveva fatto restaurare la Via Flaminia.
Il fornice è troppo grande per ospitare una porta, a simboleggiare l'inutilità di una difesa grazie alla riuscita della politica della pax augustea. Oggi la parte superiore ospita la merlatura medioevale, quando l'arco divenne parte del sistema di mura della città, abbattute durante l'epoca fascista. All'epoca la sommità della porta ospitava la statua bronzea di augusto su una quadriga. Presso i due capitelli esterni (rivolti verso Roma) sono presenti due clipei con le raffigurazioni delle divinità Giove e Apollo, mentre presso i due capitelli interni (rivolti verso l'abitato storico di Rimini) Nettuno e la dea Roma.

Oscar Testoni - 18/07/2018 - 04/09/2018
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