Giacomo Leopardi (1798 - 1837)
(Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi)
secondo la scolastica suddivisione in fasi

Oscar Testoni, ultima edizione: 08/12/2020

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1798 Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi nasce a Recanati
(dal conte Monaldo Leopardi e dalla marchesa Adelaide Antici)
Ambiente sociale: arretrato e feudale
Ambiente culturale: pigro e arcaicizzante
Ambiente familiare: privo di cordialità e di affetti, famiglia nobile, ma finanziariamente dissestata, sottoposto alla tirannia della madre (il cui scopo era restaurare la passata ricchezza)

1809 - Si tuffa in uno studio matto e disperatissimo (10 anni)
FASE
FILOLOGICO
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ERUDITA
  • Impara a perfezione il greco e il latino, studia l'ebraico, affronta questioni di filologia
  • Si concentra su un'analisi filologicamente rigorosa della classicità
  • 240 opere giovanili: riduzioni, traduzioni, volgarizzamenti, saggi eruditi.
  • Formazione: di tipo sei-settecentesco, amore per l'erudizione, il gusto superficialmente francesizzante, i modi della poesia arcadica
  • Sul piano politico: - esalta i prìncipi illuminati e preferisce l'Italia divisa e prospera
  • Sul piano religioso: - ossequioso alla religione tradizionale
  • Sul piano sentimentale: - un furente sogno di eccellenza e di gloria
  • Atteggiamento combattivo e militante all'interno della cultura

1815-1816 CONVERSIONE ESTETICA:
passaggio dall'erudizione al bello
FASE

ESTETICA
  • Abbandona l'erudizione e si volge tutto alla poesia (traduce dall'Eneide, dall'Odissea e da Esiodo).
  • Si rivolge ai classici non più come a materiale di considerazioni filologiche, ma come a modelli di poesia da studiare.
  • La lezione neoclassica (legge Alfieri, Parini, Monti, si entusiasma per il Foscolo ) non è solo un severo controllo stilistico, ma anche un impegno nella poesia civile e soprattutto una apertura a un mondo di idee.
  • Cerca di inserirsi nel dibattito culturale che in quegli anni si sviluppa tra classici e romantici e nel 1816 scrive una Lettera ai compilatori della Biblioteca italiana in risposta all'articolo di Madame de Stael, sostenendo le ragioni del classicismo italiano contro le nuove idee romantiche.
  • Ha inizio la sua vera attività poetica: Appressamento della morte, Rimembranze, Inno a Nettuno.
1817 CONVERSIONE FILOSOFICA:
passaggio dal bello al vero
FASE

FILOSOFICA











FASE

FILOSOFICA











FASE

FILOSOFICA











FASE

FILOSOFICA











FASE

FILOSOFICA
  • Amore per la cugina Geltrude Cassi Lazzari (24 h): immaginari vagheggiamenti di tenerezza, che mitigarono grazie allla fantasia il fastidio e la noia: Diario del primo amore e Il primo amore.
  • Incontro con Pietro Giordani:
    • piano sentimentale: autentica amicizia, possibilità di comunicare, confessarsi, discutere
    • piano culturale: apertura a una dimensione nazionale (gli giunge l'aria delle grandi città e dei circoli letterari), a una problematica ideale, al classicismo progressista (rinnovamento nazionale, ostilità verso la Restaurazione, patriottismo: conversione politica); presa di coscienza della propria situazione (della propria nobiltà spirituale, del proprio bisogno di vita, e della propria situazione dolente e infelice): comincia a tenere i primi appunti dello Zibaldone.
    • Concepisce la propria attività letteraria come 1) fonte di gloria, 2) missione di collaborazione al riscatto dell'Italia (⇒ canzoni del '18).
  • Ammirazione appassionata per Alfieri: modello di energia morale, di tensione eroica, di spirito libertario.
  • Da tutto ciò scaturiva una acuta insofferenza per Recanati: Lettera al Giordani dell'Aprile del 1817 (consapevolezza della propria condizione di uomo solo - atteggiamento aggressivo e polemico contro Recanati: città senza vita centro di inciviltà e di ignoranza - desiderio di fuga - Giordani gli ha mostrato la vita al di fuori e la consapevolezza del suo intelletto - tema della noia e della malinconia intesa come nerissima materia)
  • Ancora partecipazione al dibattito sul Romanticismo:
    • 1818: scrive il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica in risposta alle Osservazioni del Di Breme sul Giaurro di Byron:
      1. volontà di partecipare al dibattito - dichiarato impegno militante,
      2. prima elaborazione organica della poetica leopardiana:
        accetta la polemica dei romantici contro la mitologia, le regole, il principio d'imitazione della tradizione classicista. Ma non ritiene che tale polemica sia una novità: Sappiano i nuovi filosofi che ormai lo scagliarsi contro i pedanti è verissma e formale pedanteria. Piuttosto affronta il tema di fondo della funzione della letteratura nella società moderna e parte dalla contrapposizione tra ragione e natura, tra storia e valore, opponendo la poesia al processo di civilizzazione, mentre invece i romantici volevano che fosse appunto l'età civilizzata l'ispiratrice della poesia. Leo. vuole affermare un valore-natura, un sistema extra-storico, con caratteristiche assolute di durata e di intangibilità a cui agganciare la poesia. In questo momento: natura non tanto come condizione di maggior felicità dell'uomo (Rousseau) quanto come ispiratrice (Vico) di grandi sentimenti, di azioni eroiche, di modi di comportamento autentici e non artefatti.
        La ragione uccide la fantasia, è nemica della poesia, distrugge le generose illusioni e il forte sentire dello stato naturale, apre la via ad un mondo mediocre, ragionatore-calcolatore. Contenuti del discorso:
        1.
        Il nostro è un tempo dove tutto è civiltà
        Concezione negativa della civiltà
        Abbiamo perduto la condizione primitiva degli antichi,
        abbiamo perduto la loro ignoranza e i loro diletti
        E' più felice un fanciullo che ignora piuttosto che un adulto che sa
        Conosciamo quello che era nascosto agli antichi. Ma il cielo e il mare e la terra e tutta la faccia del mondo e lo spettacolo della natura e le sue stupende bellezze furono da principio conformate alle proprietà di spettatori naturali: ora la condizione naturale degli uomini è quella d'ignoranza. Gli scienziati che conoscono il perché dei venti e delle stelle ... non si meravigliano più davanti a niente. ... la natura non si palesa ma si nasconde, sì che bisogna scalzarla e pressarla e tormentarla e cavarle di bocca a marcia forza i suoi segreti: ma la natura così violentata e scoperta non concede più quei diletti che prima offriva spontaneamente. Ciò vale non solo per gli scienziati, ma per tutti gl'inciviliti.
        2.
        Scienziati e filosofi: utilità-vero
        VS
        Poeti: immaginazione e diletto

        Riafferma le bellezze della natura che sono immutabili. La condizione primitiva è dileto e poesia ed è condizione immutabile che possiamo riottenere: attraverso l'immaginazione possiamo tornare nella condizione primitiva (-> ottimismo del '18)
        ... non è del poeta ma del filosofo il guardare all'utile e al vero: il poeta ha cura del dilettoso, e del dilettoso alla immaginazione, e questo raccoglie così dal vero come dal falso, anzi per lo più mente e si studia di fare inganno, e l'ingannatore non cerca il vero ma la sembianza del vero. Le bellezze della natura erano inizialmente ordinate al diletto di spettatori naturali, è cambiato lo spettatore, ma non la natura. .
        3.
        La condizione primitiva è innata nell'uomo. Noi abbiamo delle prove:
        1. odio che ciascuno di noi ha per l'artificioso
        2. amore che ciascuno di noi ha per il naturale e per la semplicità di costume

        3. mito della campagna
        . Per cui per conseguire quel diletto puro che è il fine proprio della poesia, ma che insieme è conformato alla condizione primitiva degli uomini, è necessario che, non la natura a noi, ma noi ci adattiamo alla natura (...il diletto nella poesia scaturisce dall'imitazione della natura).Ora l'uomo per adattarsi alla natura deve con l'immaginazione rimettersi come meglio può nella condizione primitiva dei nostri antenati, la qual cosa ci fa fare senza nostra fatica il poeta padrone delle fantasie. Si pensi alla propensione innata negli uomini al primitivo, al naturale schietto, alla semplicità ... d'ogni cosa. Si pensi alla dolcezza suscitata dalle immagini della vita rustica, dalla memoria de' primi tempi, dalla storia de' patriarchi, dalla lettura dei poeti Omero, Esiodo, Anacreone, Callimaco. All'amore della naturalezza si aggiunge l'odio dell'affettazione.
        4.
        Quel che furono gli antichi siamo stati noi tutti da fanciulli
        (romantici : civiltà VS Leopardi: natura / romantici: età adulta VS Leopardi: età infantile)
        quello che furono gli antichi, siamo noi tutti, e quello che fu il mondo per qualche secolo, siamo noi per qualche anno, dico fanciulli e partecipi di quella ignoranza e di quei timori e di quei diletti e di quelle credenze e di quella sterminata operazione della fantasia; quando il tuono e il vento e il sole e gli astri e gli animali e le piante e le mura de' nostri alberghi, ogni cosa ci appariva o amica o nemica nostra, indifferente nessuna, insensata nessuna ... quando in nessun luogo soli, interrogavamo le immagini e le pareti e gli alberi e i fiori e le nuvole .... . ... il poeta deve illudere, e illudendo imitar la natura, e imitando la natura dilettare.
        5.
        La nostra immaginazione è ancora intatta, evitiamo che venga schiacciata dall'intelletto Che natura o che leggiadra illusione speriamo di trovare in un tempo dove tutto è civiltà, e ragione e scienza e pratica e artifizi ... quando la meraviglia è vergogna ... quando il cuor nostro o disingannato dall'intelletto non palpita, o se anche palpita, corre tosto l'intelletto a ricercargli e frugargli tutti i segreti di questo palpito, e svanisce ogn'illusione svanisce ogni dolcezza svanisce ogni altezza di pensieri...? I nemici dell'immaginativa e della fantasia sono la ragione, l'esperienza, la scienza: il vero conosciuto ed il certo hanno per natura di togliere la libertà d'immaginare. .... come vediamo chiarissimamente in ciascuno di noi che il regno della fantasia da principio è smisurato, poi tanto si va restringendo quanto guadagna quello dell'intelletto,e finalmente si riduce quasi a nulla, così né più né meno è accaduto nel mondo. ... negli antichi né per giovinezza né per maturità né per vecchiezza non s'allentava mai più che un poco, e in noi, come piglia piede la signoria dell'intelletto, così va calando finattantoch'in ultimo quasi manca. ... a volere che l'immaginazione faccia presentemente in noi quegli effetti che facea negli antichi, e fece un tempo in noi stessi , bisogna sottrarla dall'oppressione dell'intelletto, bisogna sferrarla e scarcerarla, bisogna rompere quei recinti: questo può fare il poeta, questo deve.
        6.
        scoperta del regno del sentimentale, del patetico (che avvicina Leopardi al Romanticismo), ma per leopardi il Romanticismo non ha scoperto niente di nuovo e lui preferisce i classici più sobri (Omero, Virgilio, Dante, Petrarca) Il Cavaliere Di Brema dice che il patetico prende occasione da una circostanza fisica qualunque. Leopardi nota che sono le cose naturali che svegliano in noi questi moti [e i romantici sarebbero d'accordo] allora queste cose naturali c'erano in antico come oggi. E cosa facevano i poeti antichi? Imitavano la natura, e l'imitavano in modo che ella non pare già imitata, ma trasportata nei versi loro, e noi nel leggerli vediamo e sentiamo le cose che hanno imitate. Quegli effetti dunque che fanno negli animi nostri le cose della natura quando sono reali, perché non li dovranno fare quando sono imitate? Anzi hanno molto più forza imitate che reali. Leopardi non vuole parlarci della poesia saputamente e volutamente sentimentale e della sensibilità artificiosa e snaturata ma di quella intima e spontanea, modestissima anzi ritrosa, pura dolcisima sublimissima soprumana e fanciullesca, madre di grandi dileti e di grandi affanni, cara e dolorosa come l'amore, ineffabile inesplicabile, donata dalla natura a pochi, ne' quali dove non sia viziata e corrotta, dove non sia ...
        1818 All'Italia: contrasto tra l'Italia negletta e sconsolata e in catene e l'antica gloria. I figli dell'Italia non combattono per l'Italia, ma per la Francia. Esempi antichi: distacco dai problemi reali d'Italia, enfasi oratoria, ma anche delusione dei fallimenti patriottici, contrasto tra la società inerte, senza ideale, decadente (restaurazione) e gli antichi, virtuosi, magnanimi, pronti all'azione - In qusta sua prima fioritura poetica si afferma l'ideale alfieriano del forte sentire, l'ansia di evasione dal chiuso ambiente familiare, lo smodato desiderio di gloria.

        1819 - Infermità agli occhi gli toglie anche il piacere delle consuete letture e accresce la sua malinconia e solitudine
        - tentata fuga dalla casa paterna - il fallimento lo getta in una spaventosa prostrazione: noia, nullità e vanità di tutte le cose e della stessa vita (Lettera al Giordani 1819)
PESSIMISMO

STORICO
NATURA - RAGIONE / BELLO - VERO / POESIA - FILOSOFIA / IMMAGINAZIONE - SENTIMENTO
La NATURA ha creato gli uomini felici, ma la ragione (e quindi la società, le consuetudini, la civiltà, la storia e così via) distrugge quel che ha creato la natura e li rende infelici.
La scienza togie all'uomo la gioia del fantasticare, svelando gli aridi contorni del vero. Il piacere possibile all'uomo sta nelle illusioni, benché le riconosca vane. L'umanità primitiva era molto più felice di noi, perché aveva un'immaginazione vivissima, che mostrava il mondo poeticamente animato.
    Distacco da alcuni temi di fondo illuministici:
  • polemica antirazionalistica
  • negazione del progresso e della perfettibilità dell'uomo
  • indiffernza o addirittura ostilità verso gli sbocchi politici del pensiero illuminstico
  • rifiuto dell'ottimismo tipicamente illuministico
1819 InfinitoPOETICA DELL'INDEFINITO
vedi: "Supporto per uno studio sull'Infinito di Leopardi" di Oscar Testoni

Nel 1820 (cfr. Zibaldone) matura il passaggio dalla poesia alla filosofia, abbandonando anche le illusioni per passare al vero: la ragione ha rivelato l'inconsistenza di ogni cosa ed il Leopardi in un virile e rigoroso attegiuamento di rivolta, che non esclude la nostalgia verso tempi più felici, rinunzia a ogni compromesso, per accettare pienamente le conseguenze razionali e morali delle sue convinzioni (C. Ricci, Laterza 1982).
Si giunge quindi a una negazione [...] di tutte le illusioni, in cui pur sopravvive il sentimento appassionato dei grandi affetti e delle sublimi speranze (Sapegno)
A noi moderni non è più concessa una poesia di immaginazione, propria degli antichi, ma solo una poesia di sentimento.

Gennaio 1820 Ad Angelo Mai (un cardinale primo bibliotecario dell'Ambrosiana di Milano e poi della Vaticana, che aveva riportato alla luce opere di cicerone e di altri autori latini): irrevocabile decadenza non solo dell'Italia, ma dell'uomo in quanto tale, la contrapposizione della miseria della condizione presente alla grandezza dei tempi antichi, quando l'uomo era più vicino alla natura.

Primavera 1820 La sera del dì di festa

Luglio 1820 - Elaborazione della teoria del piacere sullo Zibaldone

Maggio 1822 - L'ultimo canto di Saffo: nonostante la situzione e i contenuti palesemente autobiografici, il testo è un passo avanti verso l'incrinatura del mito positivo della natura
  • I stanza - Saffo era attratta e appagata dalla contemplazione della natura in stato di quiete, poi ha conosciuto la passione amorosa e un destino a lei infelice e ora il suo animo trova consonanza con la natura tempestosa (consonanza stati d'animo con i fenomeni naturali -> Werther e Ortis)
  • II stanza - a Saffo è stato negato ciò che nella vita conta di più, la bellezza, e per questo lei è esclusa dalla comunione con la natura, che si mostra bella ma a lei ostile
  • III stanza - Saffo si chiede perché non possa partecipare alla felicità naturale e ipotizzza una propria colpa, addirittura prenatale. Conclude con un'ammissione di incomprensibilità dell'esistenza e dell'universo: arcano è tutto, / fuor che il nostro dolore
  • IV stanza - solo la morte può correggere l'errore del destino, ma augura all'inutilmente amato Faone di vivere felice, se può essere felice un essere mortale.
  1. Il noi è un pluralis maiestatis, ma che nel corso del testo finisce col descrivere non più solo una condizione individuale (la sua infelità come evento personale, come un "errore" del fato), ma di tutti gli uomini (Ogni più lieto / giorno di nostra età primo s'invola. / Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra / della gelida morte)
  2. Saffo è un personaggio antico
1822-1824

PESSIMISMO

RADICALE

A BASE

SENSISTICA
Si tratta di una fase di transizione che esaurisce le ultime ragioni del cosiddetto pessimismo storico che dà progressivamente vita a un pessimismo radicale, ma non ancora coincidente con il pensiero del cosiddetto pessimismo cosmico.
E' un pessimismo che si va formando attorno alla leopardiana "teoria del piacere" (già elaborata nello Zibaldone nel luglio 1820 [165-172]) su base sensistica: connaturata con l'esistenza è il desiderio di piacere infinito in estensione e in durata che la realtà non può che soddisfare in modo finito sia in estensione che in durata, provocando delusione.
Nel '20 ancora si considera la natura benigna dispensatrice di illusione e di immensa varietà, già nel '21 ritiene che ogni vivente per ciò stesso che vive ... non può essere attualmente felice, ma ancora salva gli animali e gli uomini in natura e il pessimismo storico è ancora salvo.
Ora ammette gradazioni di infelicità: l'uomo civilizzato è più infelice di quello naturale, il colto più dell'ignorante, il sensibile più del rozzo.
Ora ('21-'22) la felicità naturale arretra gradatamente dagli antichi all'umanità primitiva (Bruto minore, Alla Primavera, Inno ai Patriarchi).
Poco a poco all'impossibilità dei piaceri finiti di soddisfare un desiderio di piacere infinito si aggiungono anche i mali concreti accidentali, ma ancora in modo subordinato.
Considerazioni sulla costituzione materiale dell'uomo confluiranno in una visione organica materialistica solo dopo le Operette morali.
Si aggiungono anche le considerazioni sulla noia ( cfr. la mia pagina sulla noia) e si radicalizza l'idea dell'impossibilità della felicità umana a cui si aggiungono sempre più i mali esterni, ma in un contesto in cui la natura non è ancora matrigna.
Molte Operette moraliaffrontano l'impossibilità per l'uomo di essere felice (Dialogo di Malabruno e di Farafello), sulla maggiore infelicità delle anime grandi (Dialogo della Natura e di un'Anima), sulla distinzione tra vita come pura durata e vita come intensità (Dialogo di un Fisico e di un Metafisico), vari motivi psicologico-sensistici e definizioni di piacere e noia (Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio) ecc., ma sarà solo con il Dialogo della Natura e di un Islandese (21, 27 e 30 maggio 1824) e il Cantico del gallo silvestre che ...
Novembre 1822 - Giacomo Leopardi ottiene finalmente il permesso dal padre di uscire da Recanati e di vedere il tanto desiderato mondo esterno: si reca a Roma in casa dello zio Carlo Antici

Il soggiorno romano fu una delusione: gli ambienti letterari romani erano legati a una cultura arcadica e arretrata e il mondo fuori da Recanati gli apparve meschino.

1823 rientro a Recanati: periodo di crisi - silenzio poetico - crescita delle riflessioni sullo Zibaldone

1824 Recanati: scrittura del nucleo più consistente (20) delle Operette morali
PESSIMISMO

COSMICO
21-30 maggio 1824 - Dialogo della Natura e di un Islandese
La NATURA si presenta al poeta come un'entità indifferente, la quale, spinta dalla legge stessa della sua esistenza, la legge di distruzione e di riproduzione, non può che perseguitare i singoli individui di ogni specie, in quanto deve continuamente riassorbirli per assicurare il ritmo e lo svolgimento dell'universo

1825 - collaborazione con l'editore milanese Stella ↦ assegno mensile ↦ libertà economica ↦ fuori da Recanati:
-Milano
Bologna (fino all'autunno del '26 - incontro con Giordani - stringe amicizia col Conte Carlo Pepoli - si inamora di Teresa Carniani Malvezzi ↦)
- Ritorno a Recanati

1827 di nuovo a Bologna
- Firenze (incontro con Pietro Vieusseux e gli intellettuali liberali della rivista Antologia) - Conosce Antonio Ranieri - Incontra Manzoni - Scrive altre due Operette morali (Dialogo di Plotino e di Porfirio e Copernico)
- dall'autunno 1827 al giugno 1828 si ferma a Pisa: periodo di serenità: Leopardi torna alla poesia


Pisa 1828: Il risorgimento e A Silvia

- A giugno deve lasciare Pisa
- Firenze: conosce Gioberti
- Ritorno a Recanati: si aggravano le sue condizioni fisiche ↦ non riesce più a lavorare ↦ interruzione dell'assegno Stella ↦ sconfitta e 16 mesi di cupa disperazione (notte orribile)


1829: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e inizio Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

1830: fallito il tentativo di ottenere un premio di 1000 scudi dall'Accademia della Crusca per la pubblicazione delle Operette morali, accetta da parte di un gruppo di amici toscani l'offerta di un assegno mensile per un anno che gli permette di lasciare (e questa volta definitivamente) Recanati (il padre poi lo aiuterà con un piccolo sussidio): sempre più malato, proiettato anche sentimentalmente verso una morte liberatrice (Grosser 2000), ma anche battagliero convinto di avere un suo messaggio da consegnare all'umanità (Sapegno)

Questo periodo associa alla concezione di una ineluttabile infelicità destinata all'uomo da una natura matrigna (raggiunta nel '24 col Dialogo di un islandese e della natura) e a un rigoroso materialismo (a cui è definitivamente approdato negli anni 1825-1827) un sentimento di pietà per tutti gli esseri viventi, un atteggiamento insieme più aperto al mondo e più combattivo sia per difendere le proprie "amare verità" contro chi le disconosce o led eride, ma anche per polemizzare contro l'ottimismo di coloro che confidano o in un progresso tecnico-scientifico e politico che porterebbe a un miglioramento del futuro dell'uomo sulla terra, o nella fede cristiana e in una visione spirituale.
Walter Binni ha etichettato questa sua ultima fase come caraterizzata da una poetica eroica che si manifesta con energia aggresiva e in forme risolute e impetuose. Prevalendo ora la volontà di comunicare e proclamare le "verità" del proprio pensiero (Bigi) abbandona la poetica dell'indefinito e utilizza un linguaggio e uno stile che sembra talora cercare proprio l'asperezza e la disarmonia come fomra espressiva più adatta a rendere le amare verità [...] e a interpretare la nuova disposizione d'animo più risoluta [...] e aggressiva (Grosser).


A Firenze conosce Fanny Targioni Tozzetti (nata Francesca Ronchivecchi), nobildonna, sposa di un medico, famosa nell'ambiente fiorentino per la sua bellezza e per le sue frequentazioni con gli scrittori dell'epoca, animatrice di un salotto letterario. Di lei Leopardi si innamora e l'esperienza ispira un nuovo ciclo di canti:
il Ciclo di Aspasia:
�Angelica beltade!
Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro,
quasi una finta imago
il tuo volto imitar. Tu sola fonte
d'ogni altra leggiadria,
sola vera beltà parmi che sia�

(da Il pensiero dominante, vv. 130-135)
- Il pensiero dominante
- Amore e Morte
- Consalvo
fase vitale e felice dell'esperienza amorosa,
che porta Leopardi a credere
che la sua vita abbia trovato un senso
- A se stesso
- Aspasia
fase negativa:
fine anche di quest'ultima illusione
Il tema di una concreta e intensa passione amorosa (non di un amore idealizzato) e della cocente delusione si unisce alla ferma volontà di abbandonare per sempre ogni illusoria speranza e al disprezzo per il proprio cuore che ancora una volta si è lasciato ingannare (Grosser), ma secondo Emilio Bigi questo ciclo è stato anche l'estremo tentativo di Leopardi di affermare il proprio diritto alla felicità, pur riconoscendo l'ostile crudeltà della natura e la radicale infelicità della condizione umana.

Strinse amicizia con l'esule napoletano Antonio Ranieri, che gli starà accanto fino alla morte.
1832: scrive le ultime due Operette morali: Dialogo di Tristano e di un amico in cui polemizza con la cultura del suo tempo e con chi attribuisce alla sua condizione la sua concezione pessimistica del mondo e Venditore di almanacchi.

1833: Napoli con Ranieri
Scrive i Paralipomoni della Batracomiomachia, i Pensieri, il Tramonto della luna, ma soprattutto ...

LA GINESTRA:
(un nuovo inizio interrotto?)
SOLIDARIETÀ
La ginestra o Il fiore del deserto è l'ultimo grande canto leopardiano, composto nel 1836 in una villa alle falde del Vesuvio (Torre del Greco), e pubblicato postumo (1845) a cura di Antonio Ranieri che lo pose come testo di chiusura dei Canti, secondo la volontà espressa dal poeta. In effetti questa lirica costituisce l'approdo del pensiero e della drammatica vicenda spirituale del Leopardi, il suo messaggio-testamento... (Treré-Gallegati, Itinerari, 1981)
Lo scabro paesaggio della campagna vesuviana è il luogo simbolo della condizione umana sulla terra contro ogni ottimismo "consolatorio" sia spirituale-religioso sia di progressismo sociale politico o tecnico scientifico o di visione fiduciosa nell'uomo e nella sua centralità (antropocentrismo). Solo se tutti gli uomini rinuciano a ogni speranza e a ogni illusione, accettando questa cruda "verità" allora è possibile individuare il vero nemico degli uomini, la natura, e compiere contro di essa un'alleanza tra tutti gli uomini.
Lo stesso poeta rinuncia a riempire le sue poesie di illusioni, perché otterrebbe l'effetto contrario a quello che si propone: quello di spingere tutti a guardare in faccia alla "verità".
La ginestra è l'unico fiore che cresce sulle falde del Vesuvio, destinato a morire ma forte di fronte all'imperversare della Natura, e che con il suo profumo consola il deserto ove è nata. L'umile fiore diviene così il simbolo della sofferenza dell'uomo, ma anche dell'anima grande e nobile che, al di là di ogni sciocca paura e di ogni sciocca superbia, si apre all'amore e alla solidarietà degli uomini, e, insieme, il simbolo della poesia che illumina e consola la vita.(Treré-Gallegati)
Metro: sette strofe libere, di endecasillabi e settenari.

14 giugno 1837: muore

Oscar Testoni, ultima edizione: 08/12/2020



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