Casa Leopardi
Oscar Testoni

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Monaldo Leopardi

Nato il 16 Agosto 1776 dal Conte Giacomo Leopardi di Recanati e dalla Marchesa Virginia Mosca di Pesaro - come lui stesso ci informa nella sua Autobiografia - Monaldo Leopardi trascorse quasi tutta la vita a Recanati tra molti parenti e pochi amici. Convinto di essere una creatura eccezionale a cui è toccata una scitilla di genio, non si adattava a essere secondo, aveva molti desideri, ma i suoi progetti erano tutti fallimentari.
Innanzitutto spendava molto e male i suoi soldi, fino a finire presto in mano agli usurai.
A vent'anni (primavera 1796) Monaldo, che, totalmente inesperto in amore, innamorato di tutte le donne che vedeva, conosceva l'amore solo attraverso i libri, ricevette da un mediatore commerciale la proposta di sposare la marchesina bolognese Diana Zambeccari, figlia di Camillo Zambeccari e della principessa Laura Lambertini. Grazie all'amico conte Luigi Gatti ebbe modo d'incontrarla e a prima vista decise di sposarla, anche se già al secondo incontro si era pentito. Comunque impegnatosi in questo contratto tra spese pazze, dote e preparzioni, quando alla fine decise di venirne fuori e liberarsi da un avvenire che gli appariva tetro si trovò ad aver perso tra annullamento del contrato matrimoniale e tutte le altre spese 20 000 scudi romani.
Pochi mesi dopo, il 15 giugno 1797, a Recanati in chiesa, Monaldo vide la marchesa Adelaide Antici, figlia del marchese Filippo,conte del Sacro Romano Impero e ciambellano di Sua Maestà il re di Polonia. Sei giorni dopo chiese la sua mano e il 27 settembre dello stesso anno, nonostante la contrarietà di suo zio e di sua madre, Monaldo si sposò con Adelaide Antici. Come ebbe più tardi possibilità di commentare nella sua Autobiografia, Adelide, pur essendo una donna forte, irreprensibile e ammirata da tutti, aveva un carattere distante dal suo quanto il cielo dalla terra.
Il 29 giugno 1798 (a nove mesi e due giorni dalle nozze) nacque Giacomo Leopardi (Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi)
Monaldo continuò a fare spese, speculzioni e investimenti sbagliati, tanto che per salvare la famiglia dai debiti dovette intervenire il papa. Interdetto legalmente Monaldo, viene incaricata di gestire l'economia della famiglia la marchesa Adelide Antici e che incominciò la sua dittatura.
Monaldo era gentilissimo con tutti, anche con i poveri, quando camminava per il paese. Era conversatore straordinario, bizzarro e spiritoso e scrivere tantissime lettere. Il figlio Giacomo descrive il padre come pigro, capace di abbracciare progetti con entusiasmo e abbandonarli con freddezza. Monaldo pensava di sé di avere una mente "quadrata", ma la sua mente era eccentrica, spiritosa, acuta, bizzarra, paradossale (Pietro Citati, Leopardi, Mondadori, 2010), ma non conosceva metodo, al contrario del figlio Giacomo. Aveva una grande brama di conoscenza e voleva diventare un grande erudito enciclopedico e così leggeva, consultava, ma tutto senza ordine e mentre il figlio apprendeva il greco da solo in pochi mesi, non seppe imparare nemmeno il latino e il francese, le lingue di ogni persona colta (ibidem). Così si mise ad acquistare biblioteche, approfittando delle soppressioni napoleoniche delle congregazioni e di alcune fiere e mise insieme 10 000 volumi (a cui poi i figli Giacomo e Paolina fecero aggiungere quelli che ordinavano). La biblioteca divenne per Monaldo il centro di Recanati e lì fece studiare i figli.
Pietro Citati insiste sul fatto che Monaldo fosse un reazionario, ma va anche aggiunto che faceva leggere ai figli (Paolina, donna, inclusa) anche libri proibiti dal Sant'Uffizio - facoltà espressamente ottenuta da Monaldo con dispensa pontificia (Zuccari, Avvenire 2019), che fu il primo nello stato Pontificio a somministrare il vaccino contro il vaiolo ai propri figli e si dedicò anche ad opere di pubblica utilità del suo paese (istruzione, illuminazione pubblica, un ospedale ecc.) (cfr. Sergio Beccacece, cronachecult.it)

Autobiografia di Monaldo Leopardi


Adelaide Antici

Bellissima con i suoi occhi blu (color zaffiro, come ci tramandano dall'Ottocento) e i corti ricci capelli biondi, ma trascurata nel vestire, Adelaide Antici, non usciva mai di casa, se non era strettamente necessario, ovunque presente, controllava tutto e tutti col suo sguardo fisso, come scrive Paolina (sorella di Giacomo) in una lettera: Gira per tutta la casa, si trovava da per tutto e a tutte le ore. Controllava il palazzo come una fortezza da cui nessuno dovea entrare e uscire, e pare intercettasse e aprisse persino la corrispondenza dei figli, tanto che Paolina si faceva inviare le lettere al precettore Sanchini che gliele recapitava tra le pagine di un libro. Amministrava i beni con avarizia anche quando era riuscita a rimettere in sesto le finanze della famiglia. Era anaffettiva: coi figli niente baci, né carezze, né parole di compassione o di incoraggiamento. Al massimo permetteva loro di baciarle la mano. Giacomo stesso ci restituisce il tratto di una madre dalla mente distorta che concepiva un cristianesimo distorto che la faceva gioire se moriva un bambino, così volava subito in paradiso ed era contenta delle deformità del figlio Giacomo o prediligeva mettere in evidenza gli insuccessi dei figli, tralasciando i successi.
Pietro Citati commenta qualche volta, pensiamo che il suo [di Adelaide Antici] sguardo fosse quello della Natura nel Dialogo dell'Islandese, dove una forma smisurata di donna seduta in terra guarda silenziosamente il fuggiasco dei mari del Nord. (ibidem)
Giacomo non ebbe mai una madre. Monaldo fu padre e madre, con una tenerezza grandiosa e assorbente.(ibidem)

Probabilmente riservata, precipitata a 19 anni nel suo ruolo di moglie e madre e poco dopo di amministratrice dei beni disastrati della famiglia, fu davvero poco affettuosa, ma molte sono le voci che si levano ora a ritenere il ritratto di Giacomo uno sfogo ingrato di un giovane arrabbiato per la mancata fuga e per la sua sorte: abbiamo testimonianze della sofferenza di questa donna per la morte precoce del figlio Luigi e anche per quella del primogenito stesso Giacomo. Anche su questo, come su tanti altri aspetti la critica letteraria ha esercitato la sua acritica ed ideologica condanna, ora perché la madre poteva diventare facile spiegazione del pessimismo del figlio e ora perché la madre cattolica poteva diventare facile bersaglio di una critica letteraria anticlericale e anticattolica.
Non è inimmaginabile che lei stessa soffrisse nel sentirsi investita del suo ruolo duro di capo famiglia a fianco di un marito debole oltre che per le tanti morti dei suoi tanti figli:
  1. Giacomo (1798-1837) il primogenito, che morì 20 anni prima di lei
  2. Carlo (1799-1878), il secondogemito che le sopravvisse
  3. Paolina (1800-1869) la marchesina, terzogenita: anche lei sopravvisse alla madre
  4. Luigi Gradolone, nato nel 1803 e morto pochi giorni dopo
  5. Luigi Morione nato nel 1804 e morto, prima di Giacomo, nel 1828 a 24 anni
  6. Francesco Saverio nato il 14 maggio 1807 e morto il 27 luglio 1808 a poco più di un anno di vita
  7. Raimondo, nato e morto il 25 agosto 1809
  8. Giuseppe, nato e morto il 17 settembre 1811
  9. Pierfrancesco (1� novembre 1813 - 29 settembre 1851) che morì sei anni prima della madre.
  10. Ignazio, vissuto solo due giorni: dal 15 al 17 febbraio 1815


Giacomino

Il piccolo Giacomo è descritto dai fratelli come dotato di una allegrezza pazza. Amava le battaglie eroiche a imitazione di quelle omeriche, o delle lotte civili a Roma repubblicana. Tiranneggiava sui fratelli, tanto da meritarsi il titolo di prepotente: Affrontava i fratelli con il bastone: costringeva Carlo a fargli da cavallo, lo legava con una cordicella, lo conduceva con una briglia, e lo spingeva con una frusta. Carlo e Paolina erano gli sconfitti o le vittime o littori o gli schiavi: Giacomo il trionfatore ... (P.Citati, ibidem)


Questa pagina per un po' si ferma qui per mancanza di tempo del suo autore, che si riserva di ampliarla in futuro, essendo interessato a continuarla.

Oscar Testoni
Ultima modifica: 15/11/2020



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